Credo sia coretto introdurre questo post in italiano. E’ una settimana circa che seguo con assiduità un dibattito nato su Africa is a country, in seguito a un post di Chief Boima, dj e blogger (ghettobassquake.com) afroamericano.
Il post è molto dibattuto, e questo, di per sè, è già un ottimo segnale.

Non sento necessario aggiungere nulla alla discussione – un mio commento a caldo è presente nella lunga lista – anche perchè tenderei a portare il discorso su un altro piano, non necessariamente legato al mercato discografico. Attualmente è infatti focalizzato soltanto su quello, fatta eccezione per qualche digressione sull’idea di neo-colonialismo, forse frettolosamente presa alla lettera dai principali inquisiti, e non colta come un provocazione culturale e metaforica.

Reputo necessario un contributo come questo, proprio perchè “If you’re interested in discovering more about the history of African pop, now is a better time than ever”. E leggere i commenti, seppur talvolta controversi, di tutte le figure cardine della ‘scena’ è rassicurante. Aggiungo questo ai rifermenti, sarebbe bello vedere anche i commenti di Jace Clayton, e, perchè no, di Alan Bishop, stranamente dimenticato e non preso in considerazione dal dibattito, perlopiù di matrice statunitense. Forse che Sublime Frequencies faccia presa su un mercato principalmente europeo? Può darsi, ma di certo Bishop cerca autenticità, anche se non si direbbe.
Di seguito la mappa, viva le mappe.