Qualche anno fa ho incontrato una coppia di coniugi indiani sulla freccia della Versilia, il treno interregionale superstite che collega Bergamo a Pisa facendosi strada fra paesaggi pittoreschi e guasti momentanei. Tra una chiacchiera da passeggeri e l’altra scoprii che erano in Italia in occasione dell’imminente laurea in economia del figlio, iscritto alla Bocconi, e ne avevano approfittato per viaggiare il paese. Una volta informati sulla mia provenienza dissero che erano rimasti impressionati dalla ricchezza della zona, di cui si erano accorti per via del susseguirsi di piccole industrie e capannoni lungo l’autostrada da Malpensa a Venezia, praticamente senza soluzione di continuità.

Padania Classics - Filippo Minelli

Padania Classics – Filippo Minelli

Non ci avevo mai pensato in quei termini. La cosiddetta macro regione è tra gli ultimi posti su cui mi sarei soffermata a riflettere dopo le gallerie negli Appennini, i paesi liguri e uno stralcio di riviera. I miei compagni di scompartimento invece l’avevano notato. In tutta probabilità ignoravano che dietro alle due file di industrie ai lati dell’autostrada c’erano molti altri residui di prefabbricati vuoti, chiusi o in liquidazione come quelli che si incontrano nell’entroterra veneto. Viene da domandarsi fino a che punto la presunta autoctonia (nel senso di origine comune legata ad un luogo geografico) dei ‘popoli padani’ non sia stata costruita dalla Lega Nord sulla base di quella continuità fisica, strutturale ed economica, di edifici e strade, più che sulla paura dello straniero e su di un bagaglio culturale comune. Forse la villetta salmone, il capannone e la stalla con tetto in eternit uniscono più di tutta la sovrastruttura ideologica e l’avversione per il nemico di turno, di cui ha parlato Marco Aime in ‘Nuovi tribalismi’ ed in ‘Verdi tribù del Nord’. Un testo, presente nel sito del progetto Padania Classics, riassume puntualmente questo concetto:

Stato Attuale
Le principali città e soprattutto i centri storici sono solo una parte infinitesimale di ciò che è il nord Italia. La commistione fra zone rurali, industriali e residenziali su vasta scala è una caratteristica difficilmente osservabile altrove in Europa e nel mondo ed è l’elemento che unifica visivamente l’intera pianura Padana.
Dal limite adriatico fino alle Alpi Occidentali infatti uno sviluppo urbanistico sparso regolamentato da politiche locali e non centralizzate ha fatto si che ogni piccolo Comune abbia costruito la sua zona artigianale o industriale, facendo in modo che negli anni si è creata quella che Eugenio Turri nel suo libro del 1995 chiama la ‘megalopoli padana’.
Questa megalopoli non è un centro urbano unico ma una costellazione di Comuni piccoli, medi e grandi che si stanno fondendo senza che si possano più intuire i confini fra gli uni e gli altri, conferendo per la prima volta alla pianura un aspetto inusuale e differente rispetto alla passata vocazione agricola.

Da quasi tre anni il progetto Padania Classics sta raccogliendo e mostrando su internet le tracce di questa continuità paesaggistica ed economica, meglio se grottesca nella sua desolazione. Dopo la messa in discussione del mito sugli ‘italiani-brava-gente’, anche quello del tanto sbandierato Belpaese vacilla. Nell’anno dell’expo e della vetrinizzazione del settore agroalimentare italiano il progetto dovrebbe arrivare ad una forma cartacea, stando a quanto è spiegato nella pagina di indiegogo, con l’Atlante dei Classici Padani, di cui è possibile sostenere la pubblicazione facendo una donazione. Il progetto è stato avviato da Filippo Minelli, artista bresciano (ecco perché quelle foto avevano qualcosa di familiare), per poi aprirsi a contributi esterni grazie all’hashtag #PadaniaClassics.

Padania Classics - Filippo Minelli

Padania Classics – Filippo Minelli

Le fotografie di Padania Classics sono per certi versi affini al filone della fotografia paesaggistica italiana contemporanea trattata ampiamente qui. Potrei riassumerla, generalizzando provocatoriamente, con un certo feticismo per il Paesaggio come Territorio, che assieme a Comunità è un’altra parola ricorrente nei discorsi politici e fotografici italiani. Un territorio quasi svuotato da esseri umani, che vi spuntano sporadicamente come comparse senza nome né voce, così come sgomberato da centri storici e bellezze naturali incontaminate, che rimangono fuori dall’inquadratura in favore di provincia suburbana e infrastrutture più o meno incompiute. Una fotografia dallo stile documentario, più urbanistica che antropologica, che ha come punto di riferimento storico, ad esempio, il gruppo americano dei New Topographics unito ad un umorismo a metà strada tra il sognante di Luigi Ghirri e l’impietoso di Martin Parr.

 

Atlante - Luigi Ghirri

Atlante – Luigi Ghirri

Venezia 2005 - Martin Parr

Venezia 2005 – Martin Parr

Allo stesso tempo però c’è qualcosa in Padania Classics che va oltre il fascino per il brutto dei non-luoghi e delle zone industriali (fino al ruin-porn) che per certi versi è affine alla fascinazione per il cattivo gusto di cui abbiamo già parlato qui. Credo che questa differenza stia nel fatto di avere una portata virale, e di estendere l’idea ad altri mezzi oltre alla fotografia, come per esempio i tour didattici (veri o fittizi) nelle zone in questione. Ed anche il non prendersi troppo sul serio.

Padania Classics - Filippo Minelli

Padania Classics – Filippo Minelli

Riportato a un contesto politico, oltre che urbanistico, il paesaggio della pianura padana si mostra nei sui elementi strutturali, cemento, eternit, acciaio, vetro e colonnine di gesso, rotonde e palmeti. Il che non è da poco, considerando che certe esasperazioni identitarie sono ancora molto radicate e non ne viene spesso sottolineato il sostrato di interessi economici e politici alla base. Chiudiamo quindi con l’immagine di colui che dovrebbe rappresentare il futuro del classico padano, opportunamente rivisitata.

salvini