I libri di Storia che ho letto, solitamente, non avevano altri odori al di fuori dei gas tossici, del fetore di putrefazione, di polvere da sparo e altri sgradevoli stimoli olfattivi; né altri gusti al di fuori del rancio insipido nella gavetta o tonalità diverse da quelle delle bandiere, del sangue e della mimetica. Per soffermarsi su un odore, un sapore e un colore piacevole i libri devono necessariamente raccontare la storia attraverso un’autobiografia. Nel caso dell’occupazione italiana dell’Etiopia, un periodo di cui sono rari i resoconti dal punto di vista dell'”altra parte”, una buona lettura autobiografica e storica è Memorie di una principessa etiope. La principessa in questione è Martha Nasibù, figlia del degiac Nasibù Zamanuel, sindaco di Addis Abeba e generale dell’esercito etiope deceduto nel 1936 per le conseguenze dei gas tossici impiegati illegalmente dall’esercito fascista. Nonostante la tragica fine del padre, il punto di vista è allo stesso tempo interno alla cultura italiana, con la quale la principessa ha mantenuto un rapporto molto stretto anche dopo gli anni di esilio e la fine della guerra. La narrazione delle memorie d’infanzia, oltre a essere arricchita da dati sensoriali, è ricostruita a partire dai racconti della madre Atzende e dall’appoggio dello storico Angelo Del Boca. Se altrove si è parlato di nostalgia, qui si potrebbe dire che si tratta del ricordo di un mondo feudale andato perduto per sempre, quello della raffinata aristocrazia etiope, delle sue etichette e cerimonie, di quelle ville silenziose e immense circondate dal verde.