Lo scorso numero di Blow Up magazine ha ospitato una densa intervista a Palm Wine, voluta e realizzata da Valerio Mattioli. Il sottotitolo recita “Electro-chaabi, kuduro, nu cumbia, azonto, coupé-decalé, tropical bass… Dall’Africa al Sud America, dal Medio Oriente all’Europa delle ex potenze coloniali, che lingue parlano le musiche del mondo, oggi” — e non potendo pubblicare l’articolo integrale ho deciso di dedicarvi un post, in cui trascrivo alcuni estratti del dialogo. Il pezzo è lunghissimo e a mio avviso molto preciso, tocca molte corde sensibili della mia ricerca e della situazione attuale delle, appunto, ‘musiche dal mondo’. Oltre alla cover (qui sopra) – ho pensato di alternare i quote con alcuni dischi/video estratti dalla selezione che ho fatto per l’articolo (che intendeva sia dare alcuni spunti di cose menzionate nell’intervista, sia disegnare un panorama ampio e personale di una decina di uscite recenti).
VM: […] la musica di Nigga Fox però, più che suggerire il festante vociare di qualche mercato africano, è un’inconsulta cascata di poliritmi dall’effetto ferocemente ansiogeno; parla la lingua di una specie di Urbe globale e meticcia, e forse più che di Urbe bisognerebbe parlare di periferia, di confine, di quelle aree liminali che chiassosamente giustappongono culture, colori, odori, suoni, rumori. Usciti dal 30 Formiche, quei suoni sembrano il riverbero naturale dei cadenti palazzi di Via Casilina, coi loro interni occupati da immigrati nigeriani, bengalesi, rumeni e peruviani, oltre che da qualche sparuto rimasuglio di borgata pasoliniana.
PW: […] La vecchia highlife del Ghana mi piace, e anzi è uno dei miei generi preferiti in assoluto, ma possibile che dopo non ci sia stato altro? E lì scopri che esistono interi generi magari nati negli ultimi quindici anni, solo che la compilation-antologia confezionata dal digger di turno non ce l’hai, quindi i materiali te li devi cercare da te. In questo senso internet è stato uno strumento importantissimo perchè e grazie alla rete che entri in contatto con i musicisti e rimedi le informazioni.
PW: […] Il kuduro nasce in Angola e tuttora da quelle parti trovi gente che lo suona; ma poi tramite i tipici legami delle ex colonie arriva in Portogallo e lì diventa un’altra cosa, se non altro perchè il kuduro portoghese è suonato da portoghesi di origine angolana che però in Angola non ci sono mai stati. La diaspora africana ha prodotto diversi sottogeneri nati nei paesi ex colonizzatori: per esempio il coupé-decalé è nato nelle banlieu di Parigi da immigrati ivoriani, e solo dopo è tornato in Costa d’Avorio. […] Una storia altrettanto complessa è quella della cumbia, che nasce in Colombia ma poi passa in Argentina e adesso viene suonata principalmente in Messico; solo che in Messico ad andare per la maggiore è la cumbia colombiana, mentre quella messicana la ascolti perlopiù negli Stati Uniti.
VM: A quel punto però un altro rischio collaterale è quello che chiamerei effetto-Souleyman: mi riferisco ovviamente al caso di Omar Souleyman che, prima via Sublime Frequencies e poi via Four Tet, è diventato una star dell’indie occidentale mentre in Siria era e resta praticamente uno sconosciuto. Il che a un certo punto ha portato i siriani a domandarsi: ma chi è questo tizio che in America spacciano per paladino della dabke di casa nostra? Sarebbe un pò come se, che ne so, un tipo come Dracula Lewis diventasse il simbolo della musica italiana in Libano…
PW: Bé, esistono già casi molto particolari. Prendi il legame che si è venuto a creare tra gli Ex e la scena etiope: come saprai, gli Ex in Etiopia ci vanno almeno una volta l’anno. Atterrano lì, vanno a suonare al bar di Melaku Belay, incontrano i musicisti locali, e il risultato è che se parli con Melaku ti dice che per lui la musica occidentale sono gli Ex e il giro impro-punk! Strano, no?
Grazie Mattioli!