In periodo di día de los muertos pare opportuno parlare di un programma televisivo che sembrerebbe tuttora insolitamente dissacrante per il secondo canale Rai, in quel periodo appena nato come concorrente del democristiano primo canale. Nel 1978 andarono in onda solo sei puntate su sette a causa delle polemiche scatenatesi in merito alle atmosfere occulte e succinte evocate durante la trasmissione. Stryx, un nome che di per sé spiega molto di stile e argomenti trattati, in greco significa ‘gufo’. Dopo essere stata utilizzata dai romani per riferirsi ad un mitologico uccello notturno succhiasangue, la parola stryx è rimasta nell’eredità linguistica come etimologia del termine strega, legata in modo onomatopeico ai suoni stridenti di animali o di risate malefiche.
Il programma è infatti l’incrocio tra un sabba, una carnevalata, una diavoleria di marionette, un raduno fantasy, un sacrificio rituale, la Melevisione e una televendita contro la iattura, il tutto con spaesati animali in giro per lo studio, un mimo giapponese (Hal Yamanouchi), macchine del fumo perennemente accese e parecchie donne seminude. Per scrivere il programma i tre produttori Alberto Testa, Carla Vistarini ed Enzo Trapani (che ne era anche il regista) condussero una ricerca in merito a superstizione, culti pagani, riti medievali e caccia alla stregoneria. A questa ricerca si deve la frase “tutto sacrosantamente documentato”, che caricava gli sketch di una tanto sinistra quanto ironica autenticità, sopprattutto quando veniva pronunciata appena prima di evocare il diavolo. Quanto fossero approfonditi questi studi di folklore e dove iniziasse l’invenzione non è dato sapere, ma sono numerose le citazioni in latino, le formule magiche e gli aneddoti storici disseminati in tutto lo spettacolo.
Non si trattava ovviamente del corrispettivo italiano di un Kenneth Anger, ma era piuttosto un ambiguo prodotto televisivo, in quanto tale irrimediabilmente pop. Il binomio che meglio definisce Stryx è infatti quel satanico-erotico che caratterizzava molti sexploitation movies, ma il livello della regia, le scenografie di Ennio di Maio e i costumi di Gianna Sgrabossa contribuivano tuttavia a renderlo un prodotto televisivo d’avanguardia. A maggior ragione in quanto frainteso e censurato, o forse censurato proprio perché capito. Dettagli come il fondale simile ai paesaggi dei quadri di Max Ernst e Patty Pravo abbigliata come un personaggio di Moebius, fanno pensare che i riferimenti non fossero cercati soltanto nel folklore, ma attinti anche dalla cultura visiva contemporanea.
Stryx però era soprattutto un programma musicale, che alternava danze macabre e canzoni alla moda, per un risultato alquanto contrastante e originale. Penso alla scena di Mia Martini, allora già coinvolta delle voci superstiziose che ne segnarono irrimediabilmente la carriera con l’accusa di portare sfortuna. Per rispondere alle malelingue la cantante calabrese partecipa a Stryx in veste stregonesca, mentre continua a cantare avvolta dalle fiamme di un rogo in chromakey. Questa apparizione dimostra che i temi di Stryx colpivano (e ancora coinvolgono) un nervo scoperto della società italiana in seguito alla fine del Boom economico, senza puntare il dito contro i culti pagani, ma abbracciandoli spassionatamente.
Il calderone iconografico di Stryx si estende nel tempo, con processioni medievali, festini settecenteschi e ‘cosmodiavoli’ venuti dal futuro, ma anche nello spazio. Non mancano siparietti esotici, come la macumba di Stryx du Brasil aka Gal Costa, chissà se tra i telespettatori di allora c’era anche Roberto Calderoli. Oppure la figura androgina di Rumstryx, nientepopodimeno che Grace Jones, tra le cui comparse c’è n’è una in versione mistress tigrata che si domanda se troverà mai l’amore a New York City mentre frusta gli altri membri del cast.
L’impressione è quella di un’unica puntata speciale di Halloween (ancora prima che la festa acquistasse popolarità) in cui qualcosa è andato storto. Il risultato è un occulto eclettico ed elastico, per certi versi vicino a quello ritrovato nel filone esoterico-spiritico che ha attraversato la scena artistica e musicale negli ultimi anni, in un neologismo: occulture. Su Youtube sono reperibili poche puntate e qualche videoclip, ma la settima ed ultima misteriosa puntata mai andata in onda aggiungerebbe altre spiegazioni alla censura di allora. Girare adesso l’ultima puntata risulta impossibile a causa della tragica scomparsa del regista ed ideatore Enzo Trapani, ma sarebbe interessante vedere cosa ne verrebbe fuori a trentasei anni di distanza.