Lisbona e la sua scena kuduro non sono nuove da queste parti. Lo scorso dicembre Bunker Sonidero ha ospitato per la prima volta in Italia Dj Marfox, probabilmente il suo massimo esponente. Oggi, a meno di un anno di distanza, la scena avanza, o meglio — emerge, come ci racconta Marfox stesso in un’intervista che realizzai a Torino, che resta una delle migliori testimonianze sulla situazione nella capitale portoghese: «A Lisbona, il kuduro c’è sempre stato, ha sempre vissuto qui. All’inizio certo, c’era chi lo snobbava dicendo “questa è musica da negri”, ma adesso, anche grazie a Principe Discos, le cose stanno cambiando».
Finalmente ho avuto la possibilità di annusare da vicino questa scena e ho passato una decina di giorni in Portogallo. Ho fatto un set di quattro ore al Lounge — muito obrigado! — ho visitato il Jardim Botânico Tropical, attraversato quartieri del centro e percorso l’intera costa dell’Alentejo fino a sud (Ok, ero in vacanza).
Non mi sono spinto però fino ai quartieri del nord, quelli che stanno oltre le linee della metropolitana a cui fa riferimento Marfox nell’intervista, la linha da Sintra e quella di Loures in particolare. Qui vivono la maggior parte della comunità africane che abitano la città e risiedono molte di quelle etnicità legate alle terre che vennero conquistate durante le guerre coloniali: Angola, Capo Verde, São Tomé e Príncipe, Mozambico. Da qui arriva la “musica dei negri” a cui fa riiferimento Marfox, da quei quartieri in qualche modo inviolabili; per quel poco che ho percepito, infatti, Lisbona sa anche essere una città che divide. Come del resto furono divise agli inizi del 900 le piante africane delle colonie portoghesi, collocate nella serra del Jardim Botânico e staccate dal resto del parco (Fulvio de Carolis, Il Giardino Botanico di Lisbona).
Da un paio d’anni a questa parte alcune di queste linee di demarcazione si interrompono. Dal 2012 Príncipe Discos organizza un party mensile al Music Box di Lisbona, un club in pieno centro, ai piedi del Bairro Alto. Príncipe Discos è la label responsabile della promozione di tutti gli artisti e producer lisboetas di area kuduro e derivati (afro house, tarraxa in particolar modo); la scena — e il suo riverbero internazionale — è stata in parte assemblata in parte assecondata dai fondatori della label, ma l’energia e il contenuto arrivano dritti dai quartieri del nord. Lo scorso 15 agosto c’è stata la Noite Príncipe #29. Ed eravamo lì, io e Martina, accompagnati dall’amorevole Margarida Mendes (fondatrice di Barber Shop e co-curatrice delle serate Waterfalls).
Questa Noite celebra l’ultima uscita della label — Tá Tipo Já Não Vamos Morrer, un EP che raccoglie sei brani di producer giovanissimi (da 17 a 20 anni) assemblato dal più anziano, Puto Márcio, responsabile dell’apertura di questa ventinovesima edizione di NP. Il Music Box è uno stanzone rettangolare collocato in quella che fino a qualche anno fa era considerata la red disctrict area di Lisbona; non mi sono informato sulla programmazione usuale del club, ma a quanto pare buona parte di chi è qui per NP non mette piede in questo luogo abitualmente.
All’ingresso incontro André di Filho Unico (agenzia a cui fa capo Príncipe Discos) e chiedo di Marfox, avremmo dovuto incontrarci qui. Sono le due passate. André mi dice: «he’s not here yet, he’s on a sort of anthropological trip». Wow, di che tipo? Chiedo: «he heard that apparently the angolan kuduro legend Tony Amado is in town to visit some relatives; he’s trying to find and bring him here play a few tracks».
Tony Amado, conosciuto anche come Rei do Kuduro, è uno degli inventori del kuduro a Luanda, Angola, fin dagli inizi degli anni ’80. Sempre dalle parole di Marfox: «Il kuduro è un genere nato in Angola negli anni 80/90, uno dei fondatori è Tony Amado. Poi [il kuduro] è arrivato a Lisbona attraverso gli immigrati angolani che arrivavano qui nei quartieri periferici perchè vivere nel loro paese era troppo difficile: l’Angola viveva il trauma di 32 anni di guerra post colonizzazione». Penso a questa frase e immagino l’emozione di Marfox.
Al nostro arrivo il club è già pieno, la componente nera all’inizio non sembra quella predominante, ma nel dancefloor sì. Molti ragazzini delle periferie si trovano a ballar kuduro in pieno centro, anziché nei propri bairros, non è cosa di poco conto. Arriviamo sulla coda di Puto Márcio e il warm up pare funzionare alla perfezione. Il cambio con Dj Firmeza, più rodato (aggiungete un paio d’anni agli altri) è stellare, una versione kizomba di Michael Jackson, non quella che conosco, Liberian Girl, ma un altro brano che non sono riuscito ad appuntarmi per risalire al titolo.
Sotto gli speaker è tutto molto denso, la danza è aggressiva e sensuale, essenzialmente maschile. Firmeza accelera e infila versioni afro-house storte. In quel momento vedo aprirsi un varco nel pubblico e compare Marfox con la sua stazza e il faccione sorridente, seguito da due persone, uno di una certa età (e stazza, anch’egli), l’altro più giovane. C’è riuscito: è Tony Amado! E dietro di lui Mc Sacerdote, di una generazione molto successiva alla sua e legato alla scena afro-house contemporanea di Luanda. Dopo qualche minuto mi trovo nel backstage insieme a loro e riesco a strappare un cd dal marsupio di Tony Amado.
Capisco che l’obiettivo è trovare il giusto modo per fare incursione nel flusso che stanno costruendo i dj guest della serata con un intervento diversificato, fatto sì di kuduro e bpm accelerati, ma condito dalle voci di Amado e Sacerdote; ciò che differenzia il kuduro tradizionale da quello contemporaneo portoghese è l’assenza di un cantante; «a Lisbona siamo tutti produttori», ricorda Marfox.
Il cambio tra Firmeza e Nigga Fox — che conosciamo bene e chiuderà la noite — pare essere il momento migliore per un breve showcase di kuduro angolano. Marfox e Firmeza restano ai controlli e suonano le strumentali, Amado e Sacerdote al microfono. Generazioni e luoghi di nascita differenti, ma stesse origini, tutto a confronto, ma tutto nella stessa linea di sangue culturale; si perdono i confini. Ecco il risultato, ripreso dal mio telefono e da quello di Marfox, campo e controcampo. È chiaro che questa sera sia stato scritto un capitolo fondamentale nella storia del kuduro portoghese.