Nel raro caso in cui non ne siate già al corrente, nelle ultime settimane è diventato virale un video che documenta la quantità di apprezzamenti ricevuti da una donna che ha camminato per un decina di ore per le strade di New York, filmata da una telecamera nascosta. A pochi giorni di distanza 10 Hours of Walking in New York as a Woman ha 35 milioni di visualizzazioni e sulla rete spuntano come funghi video parodici sul meme 10 Hours of Walking. Non ho mai trattato specificatamente su questo blog quelle che sono generalmente indicate come ‘questioni di genere’ e per togliere un po’ di accademismo a questa etichetta proverò a sostituirla con una citazione da Planning to Rock (a sua volta citazione dalle Salt ‘n Pepa): Let’s talk about gender baby. Mi sembra utile scriverne in questa sede per due motivi che hanno in parte a che fare con l’ambito musicale. Qui il famigerato video se non l’avete mai visto.

Il primo motivo è che il video ha involontariamente sollevato una serie di problematiche relative alle varie forme di potere implicite nei rapporti uomo/donna e bianco/nero. Affrontare solo uno di questi versanti non esclude l’esistenza dell’altro e di vari gradi di dominazione presenti in uno stesso contesto sociale e culturale. Una delle critiche o constatazioni più ricorrenti nei commenti e negli articoli che trattano  del video è che la stragrande maggioranza degli apprezzamenti mostrati proviene da neri o ispanici. La preponderanza di apprezzamenti da parte di uomini non-bianchi sembra essere letta sul web come la dimostrazione che il sessismo riguarderebbe soltanto una specifica parte della popolazione, dalla quale il maschio caucasico di ceto medio-alto può considerarsi automaticamente esonerato. Una motivazione simile ha generato mesi fa il meme ‘Not all men…’, nato come risposta per smarcarsi dalle accuse contro gli uomini e soggetto del geniale fumetto di Matt Lubchansky di qui sotto.

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Un altro filone di reazioni sembra considerare il video come un’altra forma di potere, questa volta quello della ricca femminista bianca affetta da vittimismo che esercita il proprio privilegio su quella parte di popolazione che, pur essendo maschile, è per ceto e per istruzione meno agevolata di lei. Se non soffrite troppo di bile, questo video di risposta e i commenti degli utenti sintetizzano entrambi i punti di vista. Avvertenza: la visione può causare mal di stomaco e senso di scoraggiamento o al contrario aumento del testosterone e avversione verso il presunto ‘nazi-femminismo’.

A nulla è valso il disclaim che compare all’inizio di 10HWINYAAW, in cui viene specificato che la ragazza ha ricevuto commenti da uomini di tutti i background e di tutte le appartenenze razziali. L’impressione è che in troppi si stiano accanendo sul dito che indica la luna anziché affrontare la problematica che il video ha cercato, seppure maldestramente, di portare all’attenzione mediatica. L’accumulo di apprezzamenti ricevuti giorno dopo giorno da una donna (di qualsiasi età, gruppo razziale e abbigliamento) nei luoghi pubblici influenza la sua percezione dello spazio rispetto a quella di un uomo. Fine. Le molteplici reazioni dimostrano tuttavia che quel dito è altrettanto importante quanto la luna e che non è ammissibile girare un video di questo tipo ignorando totalmente il fattore razziale. Altri video, come lo spezzone del Daily Show qui sotto, sono riusciti a parlarne senza cadere in questo errore.

 

 

Come spiegato dettagliatamente in questo articolo, alla base delle incomprensioni c’è innanzitutto un grosso problema metodologico. La mancanza di metodo scientifico alla base è dovuta al fatto che il video è opera di Rob Bliss Creative, un’agenzia dichiaratamente specializzata nella creazione di video virali, non di indagini socio-statistiche. Lo scopo alla base di ogni video virale è, non-importa-come, avere più visualizzazioni possibile. La scelta dei quartieri (visibili nella tabella qui sotto), la durata della camminata e le ore del giorno influiscono inevitabilmente sul risultato mostrato, dal quale non è possibile derivare altre informazioni utili all’infuori della documentazione parziale di uno status quo.

L’ipotesi che il video riconfermi uno stato di fatto potrebbe essere dimostrata da un altro filone di reazioni: quello che considera gli apprezzamenti fatti da sconosciuti per strada una forma di complimento che la donna dovrebbe ricevere volentieri o che lei stessa cerca di suscitare scegliendo un determinato abbigliamento. Argomentazioni a cui può rispondere direttamente il derailment bingo.

Il modo in cui è ideato e realizzato 10 Hours of Walking in New York as a Woman ha un precedente televisivo egiziano che a sua volta possiamo collegare a un celebre esperimento tentato negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta.

In seguito alla caduta di Mubarak, in Egitto si è verificato un aumento esponenziale di molestie verso le donne. Per dimostrare la gravità della situazione è stato girato un video per le strade del Cairo dove l’attore Waleed Hammad, accuratamente travestito in abiti femminili conservatori, ha camminato per alcune ore sotto l’occhio di una telecamera nascosta che registrava le continue e insistenti molestie di cui era bersaglio.

Oltre ad altri esperimenti simili, un caso eclatante ha dimostrato quanto fosse radicato il razzismo negli Stati Uniti prima dell’abolizione della segregazione per la popolazione afroamericana. In quell’occasione il giornalista John Howard Griffin scurì il proprio colore della pelle grazie a lampade abbronzanti, medicinali e cosmetici, per provare in prima persona i commenti e il trattamento a cui era soggetto un americano nero. Nel 1959 Griffin viaggiò in incognito per qualche settimana in Mississipi, Georgia e South Carolina, prima di pubblicare il resoconto della sua esperienza in un libro pubblicato nel 1961 con il titolo di Black Like Me, divenuto presto un best seller e da cui è stato tratto il film Watermelon Man. Un’esilarante versione ribaltata è stata girata da Eddie Murphy. 

La straniante avventura di Murphy travestito da bianco mette in evidenza l’aspetto paradossale in comune agli esperimenti di Griffin e Hammad. Entrambi denunciano il trattamento subito da una minoranza (donne, afroamericani) grazie all’esperienza di un membro della maggioranza momentaneamente travestito (uomo egiziano in abiti femminili, americano bianco che scurisce la propria carnagione). Se queste indagini hanno pur la capacità di catturare l’attenzione del pubblico, il rovescio della medaglia è che ascoltando da subito la testimonianza delle minoranze stesse non ci sarebbe stato affatto bisogno di questi esperimenti. Il fatto che ‘perfino’ un uomo vestito da donna sia soggetto ad avances e che ‘perfino’ un caucasico eccessivamente abbronzato riceva un trattamento razzista, sembrano caricare gli esperimenti condotti da Griffin e da Hammad di maggiore oggettività rispetto a 10 Hours of Walking in New York as a Woman. Paradossalmente la denuncia di una minoranza sembra dover passare attraverso la legittimazione di un membro della maggioranza.

 

Questo ragionamento porta alla seconda ragione per cui sto scrivendo di questo libro su Palm Wine.

Il video virale è una sorta di spot per raccogliere fondi in favore del movimento Hollaback. Questa parola sta ad indicare la risposta pronta e tagliente da parte di una persona inferiore rispetto a qualcuno socialmente più privilegiato. La mission dell’associazione viene presentata nel proprio sito in questo modo:

Hollaback is a movement to end street harassment powered by a network of local activists around the world.  We work together to better understand street harassment, to ignite public conversations, and to develop innovative strategies to ensure equal access to public spaces.

10 Hours of Walking in New York as a Woman ritrae soprattutto scene di cat calling, molestie verbali che possono essere interpretate da molti come innocui complimenti (escludendo per un attimo gli uomini che hanno seguito la donna per qualche minuto), ma basta un rapido giro sul sito per capire che l’associazione Hollaback intende per ‘street harrassment’ una serie di comportamenti che vanno dall’apprezzamento verbale fino all’esibizionismo sui mezzi pubblici e alle violenze fisiche.

Non si tratta quindi di proibire di scambiarsi un disinteressato e sincero “buongiorno”, ma di ragionare sulla percezione dello spazio pubblico. In questo senso il movimento è affiancabile a iniziative come Take Back The Night e la gloriosa SlutWalk, che mirano alla riapropriazione delle cosiddette zone-da-evitare all’interno dello spazio urbano. Scopo di Hollaback è fornire alle vittime strumenti di supporto e di reazione sia tramite i dispositivi digitali e la rete (filmare molestatori per esporli sul web e/o per denunciarli alle autorità) sia suscitando la capacità di rispondere a tono. Le attività di Hollaback sono potenzialmente ripetibili in qualsiasi altro luogo, che io sappia un incontro è stato organizzato a Milano allo Zam (ora sgomberato dalle autorità cittadine) in occasione della Ladyfest.

Ad ogni modo la capacità di rispondere da parte di chi si trova in una posizione di inferiorità è un saper-fare, per dirla con le parole di Jean-Michel de Certeau, un’arte della parola che ha qualcosa in comune con il Reading e lo Shading padroneggiati dalla comunità LGBT afroamericana. Entrambi vengono spiegati chiaramente in questo spezzone (minutaggio esatto 33min 24s) del bellissimo documentario sul mondo del vouguing intitolato Paris is Burning:

Sia il Reading che la sua versione indiretta e sottile dello Shading sono affini all’arte di insultare la crew avversaria durante le hip hop battles. Il Reading, la capacità di interpretare i punti deboli e i difetti dell’avversario della discussione e trasformarli al meglio in insulti, è tuttora usato anche nel tormentone di Zebra Katz, tra i primi rapper dichiaratamente gay ad aver ottenuto attenzione internazionale. Ecco cosa diavolo intendeva con:

Per tornare a 10 Hours of Walking in New York si può dire che questo video virale manca proprio in quello che porta avanti il movimento Hollaback: la capacità di reazione. Non udiamo né vediamo mai sottotitolate le risposte della donna che cammina sforzandosi di mantenere un atteggiamento neutro. Sarà stato meno virale, ma sembra più utile il progetto di Tatyana Fazlalizadeh intitolato Stop Telling Women to Smile, che si rivolge direttamente ai cat caller con quello che le passanti hanno da dire. Lo spazio bianco lasciato attorno ai manifesti e gli stessi muri su cui sono affissi diventano un luogo di scambio dove vengono lasciati messaggi intimidatori o di supporto.

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