Ho passato gli ultimi giorni a scorrere liste e charts per l’anno che si sta concludendo. A differenza della scorso anno – dove i best erano picks, aprendo a titoli extramusicali – quest’anno ho deciso di stilare una lista di sole uscite discografiche: album, ep e raccolte. Mi accorgo a posteriori che almeno un paio di nomi già apparivano lo scorso anno e, tutto sommato, mi rincuora. Tra le varie liste che ho incrociato in rete consiglio un’occhiata a quella di The Quietus, non necessariamente per i contenuti affini a chi segue Palm Wine, ma per la ricchezza critica e il grado di approfondimento, e alla top ten dei music video di Okayafrica.

La lista che segue è una classifica vera e propria, compilata abbastanza rapidamente cercando di ricordare cosa recentemente e nel corso dell’anno ha girato di più nel mio iTunes e sul mio piatto – considerando che sempre di meno, ahimè, mi affeziono alla dimensione dell’album da ascoltare integralmente. Complice la distribuzione musicale e l’ossessione per Soundcloud, ma anche le necessità di scoperta continua per nuovi tunes da suonare; molti di questi ultimi infatti, proprio perchè non riconducibili ad un disco vero e proprio, sono stati esclusi.

Prima di iniziare la lista, segnalo un non–classificato, escluso per ovvie ragioni (ci son dentro pure io): il mixtape di Dracula Lewis, ora disponibile in formato tape via Hundebiss e in free download via Datpiff. Suonerebbe politicamente scorretto consigliarlo nella top ten, anche se lo farei, quindi lo faccio, ma in disparte.

 

Dracula Lewis Technical XTC (Hundebiss)

 

10. VV.AA. Kafundò Vol. 1 (Dutty Artz)

Mondiali a parte, il 2014 ha significato musicalmente un grande ritorno al Brasile. La rasteriña non è un fenomeno nato nel 2014, ma certamente quest’anno è esploso, conquistando l’attenzione di molti, la mia inclusa. Ho suonato parecchie versioni di producer brasiliani (un paio le sentite nel Bolero), alcune oscure, non riconducibili a pubblicazioni ufficiali. Questa raccolta compilata da Dutty Artz è il modo migliore per accedere non solo alla rasteriña, ma a tutta la ‘digital roots music’ brasiliana contemporanea. Ammetto che non tutti i brani sono da best of, ma è stata indubbiamente essenziale.

 

09. Mr One Hundred Palm Tree Destruction (Mixpak)

Non sono un grande estimatore della soca, ma questo ep è rimasto in heavy rotation per mesi. Mr One Hundred è di St. Louis, Missuori, ma vive a Londra, dove ha incontrato la soca durante il carnevale di Notting Hill. Mixpak ha fiuto (e lo vedrete tra poco) e come sempre ha fatto un’operazione precisa, andando a stanare alcune tre le voci più importanti della soca contemporanea, chiedendo in prestito alcune vocals (quella con Bunji Garlin è un assalto). È un disco techno per certi versi, ed è ipnosi pura.

 

08. Tony Amado O Rei do Kuduro (self published)

Questo è purtroppo introvabile, mi è stato consegnato durante una highlight assoluta del 2014: la Noite Principe #29 al Music Box di Lisbona, della quale potete leggere un lungo report qui. Alcuni pezzi sono tremendamente romantici e poco interessanti ma almeno un paio sono precisissimi nell’indicare le caratteristiche del kuduro made in Angola (Konga Kuduro qui sopra è uno di questi), in relazione al fratello portoghese.

 

07. VV. AA. Lord of the Mics IV (LOTM)

Ho recuperato anche una vecchia fisima che era un po’ che trascuravo: il grime made in UK. E questa compilation è stata la scusa necessaria. Anche qui, non tutte le tracce sono impeccabili, ma questa di Wiley è un big chuuune! Heavy rotation alla guida, Milano east-end.

 

06. Dj Spoko War God (Lit City Trax)

La house di Dj Spoko dal Sud Africa fa il giro del mondo. E Lit City Trax lo ha capito benissimo, pubblicando War God, un disco lungo e densissimo, di cui ahinoi abbiamo solo una traccia in streaming. Acquistatelo, funziona nei tempi estesi. La house di Spoko è bacardi house, ed era forse dai tempi del balearic che non si trovava un miglior modo per definire un subgenere musicale.

 

05. Afrikan Sciences Circuitous (PAN)

PAN si afferma come una delle label più curiose degli ultimi anni, lo dicono in molti. Bill Kouligas raccoglie ottime perle e Afrikan Sciences non è un’eccezione; l’ho scoperto poco fa e preso al volo. Non so quanto afrofuturismo effettivamente ci sia – così viene acclamato nelle note stampa – ma di certo c’è tanta scienza ritmica e poliritmica, tanto spazio e molti tunnel in cui perdersi. Un disco che ascolterò tanto.

 

04. Shabazz Palaces Lese Majesty (Sub Pop)


Il duo ex-Digable Planets Shabazz Palaces anche in questo secondo caso (dopo Black Up del 2011) ammalia e intrappola con un concept album impeccabile. Il concept non è uno solo, come sempre, ci sono tantissime direzioni, l’immaginario urbano dell’America nera, quello dell’intellighenzia illuminata e delle fiamme di Ferguson. Shabazz crea paesaggi, snocciola parole, evolve il suono dello spazio. Qui sopra ci sono due clip video – o art cinema? – che ben illustrano tutto ciò.

 

03. AA. VV. Balani Show Super Hits: Electronic Street Parties from Mali (Sahel Sound)

Balani Show è una compilation di musica popolare suonata negli street party di Bamako, Mali. È stata compilata da Christopher Kirkley, lo stesso di Mdou Moctar e raccoglie sostanzialmente una serie di hi-speed tracks bilanciate tra musica balafon tradizionale, kuduro e coupé decalé. I brani sono pazzeschi, ed è un documento fondamentale di indagine sulla musica urbana di una metropoli africana oggi. Per questo merita un terzo posto.

 

02. Tia Maria Producoes Tá Tipo Já Não Vamos Morrer (Principe Discos)

Tia Maria è una crew di Lisbona assemblata da Puto Márcio, producer e dj poco più che ventenne di base a Loures (Lisbona nord) – lo stesso sobborgo da cui proviene il rei do kuduro portoghese Dj Marfox. Gli altri componenti (DJ Télio, DJ B.Boy e DJ Lycox) provengono invece dalla parte sud, oltre il ponte sul fiume Tejo che divide in due la capitale portoghese. Forse per questo motivo la miscela di generi è diversificata e palpitante, afro-house e tarraxinha principalmente, e melodicamente spaesante. Lisbona vibra, e questo breve ep non può essere miglior testimonianza.

 

01. Popcaan Where We Come From (Mixpak)

Where We Come From has a sound. It holds up, and clicks together, as a body of work. In an age of Soundcloud specials and iTunes one-offs, a moment when pop, reggae, and club acts are increasingly focused on singles, an album-length statement of such consistency is a rare and special thing. What we have here is no less than another sustained and fruitful collaboration between Jamaica and New York, taking its place in a long line of dancehall classics made neither in Kingston nor Brooklyn but in that limbo space where synths flicker, snares skip across the bar, and Yo! becomes Yaow!” — sono le parole del tecnomusicologo Wayne Marshall, in un saggio che accompagna l’uscita di questo album della star giamaicana Popcaan. Un album costruito tra New York e Kingston, appunto, dove una serie di producer (Dre Skull e Dubbel Dutch in particolare – che firmano le tracce più imponenti dell’album) statunitensi imparentati a vari livelli con la tradizione dancehall – ma affezionati ad altre e molteplici forme di clubbing contemporaneo, prestano i loro beats alla voce di Popcaan. È un disco pop, in effetti, che stranamente non ho visto in tante charts né di genere, né del gotha della critica musicale contemporanea. È un disco internazionale, ma i suoi testi parlano dei ghetto youth di Kingston – “For my ghetto youth them”. Mixpak, come anticipato qui sopra, porta a segno il colpaccio. Per tutte queste ragioni Where We Come From di Popcaan è il disco dell’anno per Palm Wine.

Ciao duemilaquattordici.


cover image: Popcaan, courtesy Mixpak records, 2014