Tempo di rewind. Ognuno fa il suo e dice la sua sul duemilatredici agli sgoccioli. Ecco la mia, schizofrenica. Non si limita alla musica ma come sempre apre a territori annessi e connessi. Un esercizio per ricordarsi delle cose belle viste e approfondite quest’anno. Chiaramente non è esaustiva ma si limita a tracciare traiettorie qui e ora, a fine anno, senza troppi ragionamenti nè ordini di importanza.

 

Principe Discos. Kuduro. Lisbona. Mai come negli ultimi mesi si è affermata una scena vitale, con un’origine geografica ben precisa come quella annessa alla label Principe Discos a Lisbona. Non che il Kuduro sia nuovo da queste parti, se ne parla da qualche anno, ma pian piano stanno venendo a galla le sue origini e la sua identità post-Buraka (solo in termini di notorietà internazionale, non cronologico, sia ben chiaro). Dj Marfox — ospite all’ultimo Bunker Sonidero, ne è stato esempio e presto pubblicheremo su queste pagine un’intervista che ci racconterà il perchè. Quindi, qui il mio best della scena, Dj Nigga Fox (presto in Italia, fingers crossed) e una preview del lato A dell’ultima release dell’etichetta, che raccoglie alcune produzioni dei Piquenos Djs Do Ghetto.


 

Electro Chaabi. Maghranat. Cairo. Sempre scene, sempre localizzate: Cairo post-rivoluzione. Electro Shaabi, o Maghranat per dirla correttamente, è un altro subbuglio sonoro uscito da questo 2013, al quale spesso ho fatto appello nei miei set. La storia è lunga e complicata, ce la racconta molto bene il documentario Electro Chaabi diretto da Hind Meddeb, che segnalo nei miei best non da un punto di vista cinematografico ma per i contenuti. Qui sotto il teaser (il film è in programma al Norient Musikfilm Festival 2014 di Berna). Inoltre segnalo il diario di viaggio a Il Cairo di John Doran per The Quietus, anch’esso highlight assoluta di scrittura web di quest’anno.

 

Kanye West. New slave. Non voglio aggiungere nulla, oltre al disco, che spesso si trascura ma resta un capolavoro — è un best per la sua capacità di attivare discorsi nebulosi e difficili da affrontare in ambito mainstream. In questo senso è perfetto il post di Chief Boima Kanye West on the commodity fetish per Dutty Artz. E poi si, l’integerrimo clip Bound 2.

 

Richard Mosse. The Enclave. The Impossible Image. Per quanto abbia amato molto e per intero l’ultima edizione della Biennale di Venezia, diretta da Massimiliano Gioni, l’effetto più devastante è certamente quello dell’opera The Enclave di Richard Mosse al padiglione Irlandese. Un lavoro pazzesco che porta a riconsiderare gli ambienti multischermo in arte. Qui ce la racconta lui.

 

Dubbel Dutch. Self Help Riddim. Tanti i tunes usciti da casa Mixpak quest’anno, molti dei quali in heavy rotation per quanto mi riguarda. Uno in particolare ha però aperto una strada ossessiva di ricerca verso le possibilità digitali della dancehall contemporanea: Dubbel Dutch, Self Help Riddim, che non a caso ho voluto includere nel mio ultimo mix El Despertar del Sonido #1 (ormai tempo di un volume 2 tra l’altro, inizio 2014).

 

Primitive Art. Problems. La famiglia Hundebiss è in crescita esponenziale (date un’occhiata al ricco Big Cartel). Primitive Art è Jim e Pit, il loro primo Ep è perfetto. Tempo fa mi chiesero di scrivere una piccola bio, li definii così: Primitive Art si colloca in un territorio di confine che flirta con il clubbing e le sue modalità, con le arti visive e con un’identità Afrofuturista in divenire. Aspettiamoci sempre di più.

 

John Akomfrah. Kodwo Eshun. Mark Fisher. Aspetto di vedere The Stuart Hall Project in uscita per BFI ad inizio gennaio, ma la conversazione tra Akomfrah (Black Audio Film Collective), Eshun e Fisher è stato un enorme regalo di Frieze Talks quest’anno a Londra, peccato non avere la registrazione video del Q&A finale e peccato per i tempi stretti della fiera. Non è permesso fare l’embed della registrazione integrale quindi vi invito ad ascoltarla sul sito di Frieze direttamente. Qui sotto uno still da The Unfinished Conversation, l’opera trischermica che trae origine dal documentario su Stuart Hall e visitabile alla Tate Britain fino a fine Marzo 2014.

The Unfinished Conversation

 

Rasta Notes. Lee “Scratch” Perry. Il 2013 è stato un anno denso e importante  per Invernomuto, il duo di cui faccio parte. Non voglio usare questo spazio come momento di auto celebrazione, ma mai come in Negus (un progetto in progress che potete andare a cercare su www.invernomuto.info) le strade di Palm Wine e Invernomuto si sono sovrapposte così tanto. In particolare, durante la ricerca, è sbucato fuori dalla rete un articolo di Wu Ming molto interessante per la prospettiva italiana attraverso cui osservare il Rastafarianesimo e la cultura Reggae; visto che è stato un importante strumento credo sia sensato segnalarlo nei best picks. Lo trovate qui, ma già lo segnalai in un post apotropaico il giorno prima dello shooting con Lee Perry, che invece vedete qui sotto, a Vernasca, in uno scatto di scena di Moira Ricci.

Invernomuto "Negus"

 

El Mahdy Jr. The Spirit of Fucked Up Places. È un album che ho ascoltato molto, uno di quegli ottimi esempi in cui il suono diventa immagine e chi lo ascolta trova spazio per abitarlo; in questo caso è una convivenza inquieta, che riverbera la Istanbul di qualche mese fa, ma che potrebbe anche stare altrove, su altri bordi. Forse è stato un ascolto importante perchè mi è servito per spezzare il continuum di tracce, ep, riddim e versioni che ho setacciato per i miei set, permettendomi poche divagazioni su album veri e propri. Il vinile è sold out ma è in streaming e acquistabile in digitale qui sotto, via Boomarm Nation.

 

Ciao 2013. È stato bello, tutto sommato.