Questo post è la seconda parte di un excursus provvisorio di brani legati in modo più o meno stretto alle istanze LGBTQ, possibilmente ascoltabili e appartenenti a varie zone/culture del mondo. Procediamo verso Est.
Azis, musicista bulgaro di etnia Rom, residente in Germania, padre e noto esponente del genere pop-folk Chalga. Possiamo solo immaginare gli effetti che potrebbe avere su Giovanardi e Salvini.
Bülent Ersoy è una cantante transessuale turca di musica classica ottomana molto famosa in patria, le leggi sulla “devianza sessuale” in vigore durante il regime di Kenan Evren le impedirono di esibirsi in tv dal 1982 al 1988. Nel 2006 rischiò un’accusa di incitamento a evitare l’obbligo militare per aver criticato l’intervento in Iraq.
Hamed Sinno, voce dei Mashrou Leila, è un cantante gay dichiarato, considerato dai fan il primo del medio oriente. Oltre ai temi politici, alcuni pezzi del gruppo libanese che spopola anche nei paesi limitrofi, sono esplicitamente dedicati ad un altro uomo, tra cui Shim El Yasmine:
Smell the jasmine Taste the molasses
Remember, to mention me Brother, just don’t forget me
My lover, my prize
I would have liked to keep you beside me
Introduce you to my parents, have you crown my heart
Cook your food, clean your house
Pamper your children, be your housewife
But you’re in your house, and I’m in another
Anche a Nakhane Touré va riconosciuto il primato di aver fatto arrivare in classifica nel proprio paese una canzone d’amore esplicitamente dedicata ad un altro uomo. L’hanno scorso il musicista rock di etnia Xhosa ha vinto il premio per il migliore album alternativo al South African Music Award con Brave Confusion e sta ultimando il suo primo romanzo. Le atmosfere cupe di Brave Confusion derivano dal fatto che l’album è stato scritto e composto mentre l’autore stava mettendo in discussione la fede cristiana e acquisendo consapevolezza del proprio orientamento sessuale.
Sempre in Sudafrica, ma con un ritmo più ballabile, lo stile di Umlilo gioca con i generi e l’androginia. In Out of My Face, le sonorità del kwaito, variante locale della musica house in voga negli anni novanta, lo differenziano dalla nuova generazione di rapper queer statunitensi.
Un altro genere africano che compare spesso su Palm Wine è il kuduro angolano, in questo caso nell’interpretazione di Titica, una cantante transgender di Luanda.
Anche se sarebbe sensato riprendere il metodo di Seismographic Sounds, una prima ricerca online da fonti principalmente in inglese è stata utile a trovare materiale molto diverso e alcune storie legate alle singole tracce. Lo stesso blog di Norient ha pubblicato un articolo sull’hip hop queer da 8 paesi diversi, da cui provengono le tracce hip-hop citate precedentemente.
Forse proprio la nuova onda di musicisti hip-hop dichiarati o alleati sta dando maggiore visibilità a musicisti LGBTQ che interpretano generi musicali locali oltre a quelli stereotipicamente o storicamente associati ad artisti omosessuali.
Tra le accuse più diffuse mosse verso i movimenti di liberazione vi è la credenza che omosessualità e transessualità siano fenomeni portati dall’esterno, estranei alla cultura nazionale se non chiari segni di filo-americanismo. In passato questo stereotipo potrebbe essere stato rafforzato dalla maggiore apertura che si respirava nelle aree frequentate dagli stranieri, considerate una sorta di zona franca in cui era più facile lasciarsi andare. Questa almeno è la storia di Itaewoon Freedom, una recente hit coreana in stile anni Ottanta dedicata al quartiere di Itaewoon a Seoul.
In alcuni casi, vocaboli stranieri sono andati a riempire un bisogno di definizione già presente nella comunità locale, trasformandosi in base alla cultura del posto. Questo è avvenuto per il termine inglese “tomboy”, che originariamente indica una ragazza che si veste o comporta da maschiaccio senza necessariamente alludere all’orientamento sessuale. Prima che diventasse d’uso in Europa anche grazie al film di Céline Sciamma, in Thaylandia tomboy è stato abbreviato in tom e ha assunto una connotazione omosessuale riferita all’amore tra ragazze che si identificano con i poli di mascolinità e femminilità. Come sottolineato in un breve documentario di Coconut TV, i ruoli e le possibilità sono meno limitati di quanto sembri e le etichette hanno rispecchiato un modello educativo diverso dall’espressione individuale. Mentre il termine lesbian ha avuto un’accezione negativa, Tom e Dii iniziano a riscuotere maggiore simpatia tra la popolazione, anche grazie alla nascita di riviste, film e programmi televisivi dedicati.
In ambito musicale le cantanti tom sono note dal sud est asiatico fino alla Cina e a Taiwan. In Thaylandia Zee Matanawee Keenan è stata la prima a dichiarare pubblicamente di essere lesbica. A livello musicale ho trovato soprattutto k-pop, c-pop e mando pop dalle sonorità piuttosto malinconiche accompagnato a video su amori finiti e profferte di affetto più o meno fraterno ad eccezione delle più vivaci (tom)boy band.
Andando a cercare paese per paese rispuntano storie note e musicisti di tempi passati. Penso a Chavela Vargas che, sebbene si sia dichiarata lesbica solo in età avanzata in una intervista nel 2001, acquisì notorietà in Messico negli anni Cinquanta come interprete del genere rancheros, incentrato sulle pene amorose di machos inteneriti dalla tristezza e dall’alchool. Nonostante la distanza temporale, il fatto che fossero canzoni scritte da altri e per altri contesti, c’è qualcosa delle ballate di Vargas che va oltre le distanze.
Nel 2011, durante il progetto esterno del padiglione svizzero curato da Andrea Tal presso il Teatro Fondamenta Nuove di Venezia, ho preso una copia dello Scenario messo insieme da Chewing the Scenery. Quello che mi è rimasto in mente è un ragionamento sulla simultaneità del concetto di queer: riassumibile come una forma di connessione implicita tra persone facenti parte dello spettro LGBTQ(IA per ora assenti da questo excursus) che va oltre lo spazio nazionale e il tempo storico.
an open-ended understanding of “queer” as a practice that intervenes in normative structures. It is therefore unmistakably characteristic of this practice to reach beyond the borders of the “own” and to seek forms of speaking, seeing, and reading that indicate that they could also be something else. “Such a queer politics of simultaneity will in other words be a politics of relationality, of communication, and connections. It must compel us to work simultaneously with others and other others in ways that pay attention to the particularities of different pressing urgencies. A politics of simultaneity needs to be a politics where we can ‘look up to the sky’ and ‘simultaneously . . . ask each other why’ without assuming that we inhabit or access the same time (or the queer disco) in the same way.
L’estratto fa esplicito riferimento a Simoultaneously, una canzone di MEN, gruppo fondato da JD SAMSON e Johanna Fateman (ex Le-Tigre a loro volta fondate da Kathleen Hannah ex Bikini Kill).
2 comments
michele / mescla! says:
Gen 3, 2016
Grazie per il post, molto prezioso! Forse avete già incrociato questa canzone dei Faka che è una bellissima operazione ‘queer’ sul gqom (il video è altrettanto bello): https://www.youtube.com/watch?v=2doHNuXe534#t=76
Marta says:
Gen 4, 2016
Grazie a te per la segnalazione, vorrebbe essere un work in progress! Non abbiamo incrociato i Faka anche se Simone ha scritto qualcosa sul gqom… ti scrivo in privato per chiederti qualche info sul tumblr.