Qualche giorno fa ha inaugurato a Ginevra una mostra intitolata Here Africa (Château de Penthes, Genève-Pregny 8 maggio – 6 luglio), contenente i lavori di 24 artisti e filmakers africani provenienti da un’estensione geografica che va dalla Tunisia al Sudafrica.

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La longue marche du caméléon, 2010 color, sound 6’ 30” Segment of the long feature THEN AND NOW Beyond Borders and Differences produced by ART for The World in 2010

Un dettaglio non irrilevante è il fatto di presentare insieme artisti provenienti dal Maghreb e colleghi dell’Africa Subsahariana, rompendo una divisione geopolitica che di solito vede gli stati del nord accorpati culturalmente e socialmente soltanto al Medio Oriente. Tra questi, solo i nomi di Frédéric Bruly Bouabré, Chèri Samba e Sarkis sono veterani di una mostra capostipite come Magiciens de la terre. Per capire quanto la mostra blockbuster abbia inciso sui discorsi nei decenni successivi rimando all’evento tenuto alla Tate London per il venticinquesimo anniversario dalla mostra e alla Summer University presso il Centre Pompidou. Varrebbe la pena di fare un salto a Ginevra anche per vedere come è cambiato il modo di esporre artisti africani in contesto europeo dal 1989, quando a Parigi Jean-Hubert Martin tentò di contrastare la visione etnocentrica perpetuata dal Moma con Primitivism proponendone una mondialista non esente da altrettante critiche. Una lettura sempre attuale in questo campo è L’art de la friche di Jean Loup Amselle, pubblicato in italiano con il titolo di Arte africana contemporanea. Il saggio collega la costruzione della retorica sul continente africano come fonte al contempo di distruzione e rigenerazione alle zone incolte e industriali degradate ai margini delle città, indicate in francese con il termine friches e destinate a forme di riutilizzo che vanno dalla riqualificazione artistica alla gentrificazione. La linea di pensiero dell’arte Africhana predilige opere prodotte in contesti etnicotribali, l’insistenza sui problemi della zona di provenienza presentati in una prospettiva fuori dalla Storia o imputabili al colonialismo europeo, l’autopromozione di autori in quanto portatori di una sorta di sensibilità africana anziché come artisti tout court. L’ultima questione è stata posta precedentemente dall’artista Rasheed Araeen quando è si è reso conto di ottenere visibilità in Regno Unito esponendo opere che riflettessero sulla sua provenienza pakistana anziché le sculture concettuali prodotte fino ad allora. Lo stesso discorso si applica generalmente a un qualsiasi demarcatore etnico, di genere, nazionalità od orientamento sessuale che segua la parola “artista”. D’altro canto anche la possibilità di dichiararsi artisti e basta sottintende spesso l’appartenenza alla maggioranza della popolazione che ricopre questo ruolo (con ciò mi riferisco anche a fasce di reddito, di educazione e a consuetudini da tenere in considerazione in una prospettiva antropologica dell’arte contemporanea, ma questo è un altro discorso). Altrove su questo blog si è parlato di recente di come presentare una storia come altra rischi di perpetuare gli stereotipi vigenti.
Il fatto che una mostra intitolata Here Africa includa anche la fascia mediterranea può suggerire che oggi le componenti arabo musulmane non sono più nascoste in favore di una rappresentazione a-storica e tribalista oppure che l’immagine costruita dai media sulla primavera araba abbia avvicinato i paesi del Maghreb all’area semantica della distruzione e rigenerazione tipica dei discorsi sull’arte Africhana. Di nuovo per farsi un’idea più chiara sarebbe bello andare di persona a Ginevra, anche se le prime righe del press kit di Here Africa non lasciano ben sperare:

Over the past decade, Africa defied global economic trends and managed annual growth levels of around 5%. Africa is taking promising strides to tackle poverty and many other development challenges such as inequality, unemployment, immigrations, infrastructure deficiencies, high maternal mortality rates and child mortality from preventable disease. There are, of course, still many challenges ahead, but today Africa also tells another story.
HERE AFRICA assembles a unique collection of contemporary African art, with more than 70 works by 24 artists from 17 African countries, for the first time in Switzerland, hosted in the premises of the Museum of the Swiss Abroad, Château de Penthes, located in the area of the United Nations.
[…]
Originally from the Maghreb and the sub-Saharan Africa, from different generations, some residing in Africa while others in the diasporas, the participating artists are interesting for not only their great contribution to the aesthetic and cultural history of their continent, but also for their involvement in key questions regarding African people such as the dark period of the slavery, issues of immigration, climate change, water and food, health, as well as human rights, education and gender equality.