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STILL. Ovvero Simone Trabucchi. Ovvero il fondatore di Hundebiss nel 2007. Ovvero il mio socio con Invernomuto. STILL reinterpreta i primi momenti della dancehall digitale attraverso un’acuta selezione di riddim raccolti in anni di ricerca. Questa riformulazione esplosiva della computerized dub prosegue nei suoi live attraverso l’utilizzo di sintetizzatori, giradischi e drum machine – e nei suoi dj set (a Sonido Classics ore 20.15 nella Yard di via Ventura 6). Marta Collini dice che se lo avessi intervistato io sarebbe stato kafkiano, e dunque lo ha fatto lei.

 

MC: Raccontaci cos’è STILL e che suono ha. Ha ucciso Dracula Lewis con un paletto di frassino o torna come in ogni horror che si rispetti?

S: STILL è un progetto che è nato un annetto fa, il buon vecchio Simone Bertuzzi mi aveva invitato a fare una selecta a Bunker Sonidero in apertura per Sarah Farina, per l’occasione preparai una prima selezione di riddim. È da qualche anno ormai che colleziono dischi reggae/dancehall con un ossessione per il periodo ’80 e ’90. Mi interessa quando la tecnologia digitale/elettronica è arrivata in Giamaica e il modo in cui ha germinato, specialmente nei primi anni del suo utilizzo.
Sono un grande fan del primo dub di maestri come King Tubby, Lee “Scratch” Perry e Scientist, ma a differenza del loro lavoro, quello che potremmo definire Computerized Dub e/o Digidancehall non ha ancora visto una vera e propria riscoperta. Contestualmente al digging su questi materiali, è stato piuttosto naturale cercare di ritradurre questi suoni nella mia pratica personale.
Stavo studiando una drum machine che dopo anni ero finalmente riuscito ad avere (JoMoX XBase 09), ho scritto qualche ritmo e sono andato in uno studio (Otic Sound, a Vancouver, dove mi trovavo per una mostra di Invernomuto) e ho registrato alcune improvvisazioni per drum machine e tre synth collegati in CV (EMS SYNTHI A, EDP Wasp, Korg MS-20). Tutti e tre questi synth mi interessano per le loro specificità e, a parte il Korg, per la loro ristretta versatilità. Al rientro da Vancouver Matteo Pit mi invitò a presentare un live alla prima edizione di C.A. LOOSE, a Ravenna.
Il punto, per farla breve, è che l’approccio alle prime tecnologie digitali presente in quegli esperimenti dancehall ’80 e ’90 mi continua a sorprendere per ricchezza di idee; alcuni sentieri di ricerca mi sembrano totalmente inesplorati.
STILL (ri)parte da qui. Dracula è un alter ego, quindi vive autonomamente da STILL. Con STILL volevo in un certo modo ritornare ad una forma più spontanea e naturale, meno artefatta, più onesta se vuoi. STILL non è un personaggio, sono io, Simone Trabucchi che suono musica elettronica e seleziono materiali sonici.

Vorrei farti una domanda sui moniker aka l’arte del naming in ambito musicale, ce ne sono alcuni che ti sono rimasti impressi o te ne vengono in mente di belli che hai sentito?

Mi è sempre interessata tantissimo l’arte del naming e la creazione di moniker e alter ego in campo musicale. Credo che aggiunga uno strato di narrazione, utile a certe musiche. Sono particolarmente affezionato ad Alice Cooper poichè ad un certo punto il suo alter ego prese il sopravvento. Recentemente guardavo una copertina di un disco di Cutty Ranks e ho pensato che quel moniker fosse particolarmente geniale.
STILL invece è semplicemente ST (le mie iniziali) + ILL (che sta per malato, inteso come ossessionato, sick), mi piace perchè mi permette di creare titoli divertenti come STILLMATIC, STILL NA NA, LICENSED TO STILL. Inoltre lo “still”, inteso come fermo-immagine, evoca un movimento fermo, che è una sensazione che mi interessa esplorare attraverso l’uso della ripetizione di strutture ritmiche semplici.
STILL, infine, è un noto marchio tedesco di carrelli elevatori.

Puoi condividere alcuni pezzi che ritieni emblematici della Computerized Dub?

In realtà no, l’unico mio mix pubblicato sinora non ha la tracklist e non mi interessa pubblicarla. Non è gelosia ma credo sia importante tutelare la propria ricerca e renderla territorio di dialogo, se qualcuno me la chiede posso fornirgliela, come già successo, ed è stata occasione di piacevoli scambi. Mi infastidisce profondamente che molte ricerche musicali oggi nascano su youtube, il “nomadismo da cameretta” non mi interessa. Non sono un retro-maniaco, ma credo che il 90% della magia svanisca.
Per prendermi questi dischi ho dovuto girare mezzo mondo e in ogni posto è nata una relazione interessante ed importante. Inoltre sul mio mix Shazam il più delle volte non funziona. Quindi facciamo così, vi condivido un pezzo, partiamo dalle basi:

Abbiamo provato a fare questa domanda anche a Sarah Farina, cos’è per te la sound system culture?

La sound system culture è un argomento vastissimo, credo di aver capito di cosa si tratta realmente solo quest’estate a Kingston, Giamaica. Ci sono una quantità esorbitante di dancehall sparse per la città, ognuna con le sue incredibili sfaccettature sociali e musicali, l’essenza di tutto questo è ottimamente sintetizzata nell’appuntamento domenicale a Rae Town. Lo spazio della dancehall come “cerchio magico”, di protezione e redenzione dalla realtà; a Rae Town si trova di tutto: downtown, uptown, venditori di noccioline tostate, vecchi rasta, giovani vestiti di tutto lustro, ragazze che ballano ma anche signore di una certa età che twerkano sulle macchine della polizia. La musica è un riassunto di tutto quello che ha fatto scuotere l’isola: dall’ r n’ b Motown ai classici ska, un po’ di rock intervallato da Drake, hit dancehall e classici smooth jazz americani… tutto spinto sulle basse frequenze. Un’esperienza che posso definire solo come COMMOVENTE.

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