Oltre ad aver ispirato milioni di persone, il compianto Nelson Mandela ha anche catturato l’immaginazione di artisti e aspiranti tali che lo hanno raffigurato nei modi più disparati. Tra questi, Johnaton Kassel lo ha ritratto nel dipinto a olio che apre questo post. La composizione tra il votivo e il fantascientifico affianca il rivoluzionario anti-apartheid ai Die Antwoord alati e a una strana creatura in posizione da crocifisso: l’alieno del film District 9, diretto da Neil Blomkamp e uscito nel 2009.

Johnaton Kassel, Our Mandela of Die Antwoord, 2013

Qualche settimana prima che la notizia della scomparsa di Madiba riportasse l’attenzione sul Sudafrica, avevo pensato di incominciare a contribuire a questo blog con un argomento che ha iniziato a incuriosirmi l’anno scorso, dopo aver letto l’introduzione del libro Modernity and Its Malcontents. Nel 1993 gli antropologi Jean e John L. Comaroff mettevano in discussione la longeva unione formata da tradizione e modernità, pubblicando alcuni studi sulle impennate di casi di lotta alla stregoneria in vari contesti africani.

La razionalità delle società postrivoluzionarie fu paradossalmente accompagnata da un drammatico aumento di economie dell’occulto e dalla persistenza di discorsi sulla stregoneria. Nella raccolta di saggi il concetto astratto di modernità è presentato come un insieme plurale di modernità differenti: una costruzione immaginaria del presente nei termini di un passato mitico, con le proprie magie e i propri incanti. L’introduzione del libro porta il Sudafrica del dopo apartheid come esempio di una società tecnologica e consumistica che non escludesse la coesistenza con elementi misteriosi e irrazionali.

yolandi visser
Anton Kannemeyer, ¥O-LANDI VI$$€R, 2011
inchiostro e acrilico su carta 231 x 148 cm

Perché a circa vent’anni di distanza gli scenari descritti nel libro mi sono parsi stranamente familiari? La risposta è il gruppo rave-rap di Cape Town, divenuto improvvisamente celebre quasi in contemporanea alla celebrazione dell’immagine positiva del paese lanciata in mondo visione in occasione dei mondiali di calcio del 2010.

Avrei voluto scrivere dell’immaginario stregonesco accostato da Ninja e Yolandi Visser allo stile Zef dei sobborghi (traducibile approssimativamente come tamarro o meglio coatto); delle loro allusioni ai riti d’iniziazione, ai demoni locali, al cannibalismo da horror di Nollywood e alla ripetizione o$$e$$iva di $imboli di ricchezza. Per parlare di loro occorrerebbe prendere anche in considerazione l’humour e la parodia che li accomuna con gli scenari evocati dai Bittercomix di Anton Kannemeyer, meno conosciuto da queste parti.

Forse lo farò, ma credo anche che a questo punto sia stato già scritto molto, considerando che sono comparsi sulla copertina di Rolling Stone. Perfino il loro approccio all’argomento stregoneria è stato più che esplorato nel mockumentary para-etnografico che hanno realizzato su Thokoloshe per VICE. Troppo tardi anche per ricollegarli  a Kannemeyer che ha già stampato dei ritratti litografici dei due MC. In quella che i Comaroff avevano definito the Age of Futilitarianism, il tempismo sembrerebbe essere una capacità difficile da mettere in pratica.

Cercando di capire cosa stiano combinando esattamente al momento, sono incappata nel bignami di storia dei titoli di testa del video di Dis Iz Why I’m Hot di qualche mese fa.

A parte Nelson Mandela (RIP!) e l’ultimo punto, il secondo episodio chiave della storia sudafricana secondo Die Antwoord è un film passato quasi inosservato nelle sale cinematografiche italiane a giudicare dagli incassi.Watkin Tudor Jones (aka Ninja) ha dimostrato la sua ammirazione per questo film fantascientifico indipendente sfoggiando un braccio mutante completo di chela simile a quello che compare in District 9. Il braccio è anche nel videoclip di Evil Boy, dove questo elemento di fantascienza coesiste con il rituale di circoncisione Xhosa e con un demone della tradizione popolare come Tokoloshe.

posterSebbene né la regia di Neil Blomkamp né la produzione di Peter Jackson siano riuscite a differenziarsi molto dalla maggior parte dei film d’azione mainstream degli ultimi anni, la trama ha alcuni spunti insoliti. Un insieme di elementi della vita quotidiana nei distretti di Joannesburg ritorna in modo perturbante, come l’invasione di grilli giganti chiamati Prankton prawn  (peraltro comparsi anche nell’intermezzo del ginecologo in Fatty Boom Boom). Al campo profughi trasfigurato in versione aliena si uniscono poi gli spettri della segregazione e del controllo militare. La stregoneria è stata ingiustamente delegata alla minoranza nigeriana alla quale sono stati affibbiati i ruoli di prostitute, gangster o stregoni, a tal punto da aver suscitato critiche da parte di politici e attori nigeriani. Per una riflessione più approfondita in merito rimando ai post di Africa Is A Country.

L’ossessione per l’invasione di specie aliene è stata affrontata anche dai Comaroff in Naturing the Nation: Aliens, Apocalypse and the Postcolonial State. Il titolo spettacolare potrebbe benissimo sostituire quello di District 9, ma l’articolo è dedicato alla fobia per le piante esogene diffusa dai media e dal governo all’inizio del nuovo millennio, in seguito ad una serie di incendi di proporzioni vastissime divampati nell’area di Cape Town. I roghi furono attribuiti alla facilità di combustione di alcune specie di piante provenienti da fuori, nonostante queste fossero stilate tra le cause meno probabili. Nel 2000 la contrapposizione tra autoctono e alieno divenne talmente esasperata da superare le divisioni interne e caratterizzarsi come un’avversione per piante invasive che attraversavano in modo incontrollato i confini. Eppure la loro importazione era stata incentivata fino al secolo precedente e molte sono addirittura diventate un naturalizzato simbolo nazionale.

Superando le barriere del regno vegetale, la foresta di provenienza europea o australiana era associata alle masse di squatters e profughi accampati ai margini delle città, dove erano appiccati fuochi potenzialmente incontrollabili. Storicamente il termine fu associato agli esseri umani già nell’Aliens Act (1937) e nell’Aliens Registration Act (1939), due provvedimenti legislativi volti a prevenire un influsso di massa di rifugiati europei. Infine, l’immaginazione popolare accostò la campagna mediatica sulle varietà aliene alla loro controparte umana o umanoide. L’articolo esemplifica questo passaggio attraverso la lettera di un lettore che difende i vegetali incriminati su un quotidiano locale definendosi a sua volta un alieno. Il quotidiano Cape Argus pubblicò nel 27 gennaio 2000 una vignetta satirica ambientata in un futuro distopico nel quale un ufo sorvola Cape Town travolta dai disastri naturali. Questa era l’atmosfera nel paese quando Neil Blomkamp, il regista di District 9, si era da poco trasferito in Canada.

snaddon

Il protagonista del film, impersonato da Sharlto Copley, è travolto da una situazione tra il kafkiano e The Fly di Cronenberg. Eppure il legame con la segregazione razziale e il regime di apartheid rendono la vicenda per certi versi simile a Watermelon Man, una commedia americana degli anni ’70 ispirata dall’esperienza di John Howard Griffin che attraversò il sud degli Stati Uniti mettendosi letteralmente nei panni di un cittadino afroamericano (qui la parodia di Eddy Murphy). I riferimenti più o meno espliciti a situazioni di xenofobia intra-specie contenuti in District 9 gettano una luce sinistra sui manifesti usati per la campagna di marketing virale.

Giusto per ritornare alla precedente incarnazione musicale di Watking Tudor Jones: in District 9 lo stesso personaggio di Wikus van de Merwe è caratterizzato da una compostezza al limite del nevrotico che ne fa un perfetto Mr Normal degenerato gradualmente fino a diventare un freak. Non trovo precisi riferimenti al fatto che Neil Blomkamp si fosse ispirato al rapper, ma resta il fatto che Ninja e Yolandi Visser reciteranno il ruolo di sé stessi nella sua prossima commedia fantascientifica intitolata Chappie, in uscita nel 2015.

Per ingannare l’attesa è possibile immaginare Ninja nel ruolo che gli era stato proposto da Blomkamp come protagonista in Elysium. Il rapper avrebbe rifiutato l’offerta a causa delle proporzioni da kolossal hollywoodiano, ma sicuramente la sua partecipazione avrebbe reso il personaggio più originale del solito Matt Damon. In questo caso a essere segregati in un’enorme astronave sono i privilegiati abitanti del primo mondo ai quali è riservata la guarigione da ogni male, preclusa invece all’umanità rimasta sul pianeta terra in una Los Angeles completamente meticcia. Ogni tentativo di questi per accedere alle cure per mezzo di navicelle cariche di disperati è respinto brutalmente da una spietata Jodie Foster. Perché c’è qualcosa della distopia fantascientifica di Neil Blomkamp che mi suona stranamente familiare?