Su un muro del centro della città in cui sia io che Mario Balotelli siamo cresciuti, due scritte avevano attirato la mia attenzione qualche anno fa. La prima, “Balotelli negro”, non è proprio unica nel suo genere. La seconda, aggiunta successivamente da una mano diversa, smorzava l’intento denigratorio della prima con un sarcastico “ma va?”.  Ultimamente mi chiedo se quelle scritte esistano ancora e se sintetizzino puntualmente le fazioni del dopo mondiale, sempre che non siano state completate da altre aggiunte.

217379_106909736061939_5554469_n-620x463Purtroppo essere nata e cresciuta nel paese e nella città di due giocatori della nazionale italiana non ha contribuito per nulla a instillare in me la passione per il calcio: non conosco il campionato e no, non ho guardato le partite di Fifa WorldCup, nemmeno l’ultima. Se l’ignoranza in campo sportivo mi toglie ogni diritto di parola su quello che è avvenuto in campo, i discorsi successivi a cui siamo tutti esposti autorizzano perlomeno a domandarsi perché se ne parli così tanto. L’argomento dell’eliminazione dai mondiali è traboccato nella sfera sociologica. Basta un giro su articoli di giornale, commenti dei lettori e gruppi dei social network per farsi un’idea su quali siano le caratteristiche fondanti per meritarsi l’italianità secondo una parte del paese che si è gettata nella discussione calcistica. In tempi nei quali si inizia a parlare della possibilità di ius soli, il ché non è del tutto irrilevante. I due poli entro cui oscilla la questione vanno da “è perché sei scemo, non perché sei nero” al vecchio “non esistono italiani neri”. Il secondo dei due poli nega a priori il principio della falsificabilità di Popper: non possiamo concludere che tutti i cigni sono bianchi, perché il prossimo controllo potrebbe smentirci, facendoci scoprire un cigno nero, specialmente se questo assumesse un ruolo difficilmente trascurabile dall’opinione pubblica. Sostituendo ‘italiani’ a ‘cigni’ si ha una prima vaga idea della proporzione delle reazioni alle notizie che riguardano la ministra Kyenge e il giocatore della nazionale Balotelli.

La prima è stata perfino definita una “Balotelli” che fa il tifo per i nomadi da Libero l’anno scorso, in una serie di rimandi incastrati tra loro:

min-integr-balotelliSe da un lato tirare fuori il razzismo viene tacciato come fissazione del politically correct e del perbenismo di sinistra, dall’altro affermare che il colore della pelle non c’entra niente è un chiaro esempio di quella ideologia che negli Stati Uniti è definita come cecità al colore. Il paradigma alla base della cecità al colore, considerare tutti allo stesso modo a prescindere dal colore della pelle, funziona bene in astratto. In concreto soltanto i bianchi possono permettersi di ignorare il colore della propria pelle e glissare sul portato sociale e culturale della tonalità di quella degli altri. Un  discorso simile potrebbe valere anche per la parte della popolazione che non rispecchia il canone eterosessuale, tralasciando un’altra serie di privilegi tra i quali quello meno positivo di potersi “mimetizzare” nella massa. In un mondo ideale in cui i diritti di tutti sono rispettati non ci dovrebbe essere neanche bisogno di palesarsi come minoranza, esigendo degli spazi propri, il risultato però sarebbe comunque espressione della maggioranza dominante. L’assurdità della cecità al colore è oggetto di una delle dissacranti vignette dei Bittercomix di Anton Kannemeyer:

AntonResume13Non so esattamente dove finiscano il temperamento sopra le righe o l’inefficienza delle performance calcistiche e dove inizi il pregiudizio razziale, per capirci qualcosa di più rimando a due libri di Mauro Valeri, sociologo e  responsabile dell’osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio, Che razza di calcio e Mario Balotelli. Un vincitore nel pallone. Il secondo dei due, uscito solo lo scorso maggio in previsione dei mondiali, dedica ogni capitolo ad una colpa attribuita all’attaccante e alla persona, con rigore obiettivo rispetto al comportamento e dettagli biografici estranei alla stampa scandalistica. Nonostante abbia già bisogno di qualche aggiornamento potrebbe trattarsi di una lettura interessante.
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